Roma, 1952. Il giovane funzionario ministeriale Furio Momenté viene convocato dal suo superiore per una questione delicatissima. In Veneto, un minore ha ucciso un coetaneo convinto di uccidere il diavolo. Per motivi elettorali la questione va trattata in modo da evitare scandali. La madre della vittima è molto potente e, da sostenitrice della causa della maggioranza politica, ha cambiato opinione assumendo una posizione assai critica nei confronti della Chiesa e di chi politicamente la supporta. Il compito di Momenté è quindi quello di evitare un coinvolgimento di esponenti del clero nel procedimento penale in corso. Durante il lungo viaggio in treno, Momenté legge i verbali degli interrogatori condotti dal giudice istruttore, a partire da quello del piccolo assassino, Carlo. La realtà che comincia a dispiegarglisi davanti è complessa e sinistra, ma le cose, una volta che si troverà sul posto, si dimostreranno ben peggiori.
Pupi Avati si è fatto un nome soprattutto con commedie agrodolci che hanno saputo cogliere in modo magistrale la natura umana e i sentimenti che la animano. Ma, senza considerare il registro finemente grottesco che ha caratterizzato i suoi personalissimi esordi, Avati ha anche lasciato un segno indelebile nell'horror italiano, realizzando un pugno di capolavori capaci di creare una sorta di sottogenere che è stato definito come gotico padano. La capacità tutta avatiana di inventare dettagli di assoluto e originale fascino macabro si evidenzia una volta di più in questo film nel quale i personaggi appaiono spesso molto diversi da quello che sono e l'inerme protagonista, proiettato da lontano in una realtà che non conosce, deve con grande fatica cercare di trovare il bandolo di una matassa che gli si aggroviglia sempre più tra le mani, un po' come il Lino Capolicchio de La casa dalle finestre che ridono, indimenticato horror di Avati di oltre quarant'anni fa.
L'ambientazione rurale in quegli anni '50 che sembrano appartenere a un non tempo in cui il tempo si è fermato richiama proprio, pur con differenze geografiche e temporali, quel capostipite del gotico padano e riafferma con forza e potenza come l'innocenza del vivere contadino sia un luogo comune per niente vero. Anzi. L'atmosfera che Avati crea è di profonda inquietudine, sempre in bilico tra soprannaturale e superstizione: "Nella cultura contadina" dice uno dei personaggi "il diverso, il deforme vengono associati al demonio".